Tai di Cadore: Incontro “Parlami di Gaza”

Parlami di Gaza: arte, memoria e resistenza questo è stato chiesto a Melvat
Alramli insegnante e donna di cultura nata a Gaza e… lei ha risposto.
L’incontro “Parlami di Gaza” tenutosi a Tai di Cadore domenica pomeriggio
è stato organizzato dal Ceston, un collettivo locale impegnato in iniziative
artistiche e sociali, con la collaborazione di Libera e della Fondazione DMO
Dolomiti Bellunesi, di Belluno. L’evento fa parte di una mostra itinerante che
tocca diverse località italiane, con l’obiettivo di dare voce alla popolazione
palestinese attraverso arte, musica e testimonianze dirette. Nel cuore delle
Dolomiti Bellunesi, nella quieta Sala Coletti di Tai di Cadore, l’evento “Parlami di
Gaza”, un incontro che ha unito testimonianze, musica e arte per raccontare la
Palestina attraverso gli occhi e la voce di chi l’ha vissuta. L’appuntamento, molto
affollato, si è trasformato in un momento di ascolto profondo, dove la parola si è
fatta ponte tra culture, dolore e speranza. Tra le voci più intense della serata,
quella di Melvat Alramli, artista e insegnante palestinese, ha risuonato con forza.
Il suo intervento, intitolato L’Urlo di Mervat, non è stato solo una testimonianza, ma
un atto performativo, un grido che ha attraversato le pareti della sala e i cuori dei
presenti. Con parole taglienti e immagini evocative, Mervat ha raccontato la sua
infanzia a Gaza, il trasferimento in Italia, le ferite invisibili della diaspora, e il dolore
di chi non può tornare a casa. “Ho frequentato le scuole in Italia” ha affermato
quasi piangendo “e la situazione che mi ha sempre fatto pensare e addolorare è
stato il fatto che sulle carte geografiche del Medio Oriente, comprese quelle
esposte nelle scuole di ogni grado, c’è sempre stata la Palestina, ma mai la
striscia di Gaza. Da quando ho l’uso della ragione, prendevo il gesso e disegnavo
lo Stato e la Città dove sono nata, una città e un territorio che esisteva solo perché
lo disegnavo. Gli insegnanti nemmeno sapevano che esisteva”. L’urlo” è diventato
simbolo di una generazione che non ha voce nei media, che vive tra frontiere
chiuse e silenzi istituzionali. Mervat ha denunciato l’indifferenza, la
disumanizzazione, ma ha anche celebrato la resilienza del popolo palestinese, la
sua cultura, la sua arte. Le sue parole si sono intrecciate con musiche arabe e
mediterranee, creando un’atmosfera sospesa tra lutto e bellezza.
I partecipanti all’incontro “Parlami di Gaza” si sono dimostrati profondamente
coinvolti, rispettosi e partecipativi. L’atmosfera era intensa e carica di ascolto, con
momenti di silenzio assoluto durante le testimonianze più toccanti, che hanno
commosso molti presenti.Alcuni hanno trattenuto le lacrime, altri hanno espresso il
loro turbamento con gesti discreti, come mani sul volto o sguardi abbassati. Dopo
gli interventi più forti, il pubblico ha reagito con applausi sentiti, non formali, ma
carichi di gratitudine e solidarietà. Al termine dell’incontro, diversi partecipanti si
sono fermati a parlare con Melvat Alramli e gli organizzatori, condividendo
riflessioni personali e chiedendo come sostenere la causa palestinese. Altri si
sono avvicinati ai pannelli della mostra, leggendo con attenzione i testi e
osservando le immagini di Ahmed Jarboa. L’evento ha generato un senso di
comunità e consapevolezza. Non si è trattato solo di ascoltare, ma di condividere
uno spazio di memoria e resistenza, dove l’arte e la parola hanno unito persone

di età e provenienze diverse. Il pubblico, composto da giovani, anziani, insegnanti
e artisti, ha risposto con emozione e partecipazione. “Parlami di Gaza” non è stato
solo un evento, ma un invito a guardare oltre le notizie, a incontrare l’umano dietro
il conflitto. È stato un atto di memoria attiva, un gesto di solidarietà, un seme di
consapevolezza. In un mondo che spesso tace, Tai ci ricorda che la voce è
resistenza.