LAVORO: PIÙ EQUILIBRIO VITA-LAVORO (PER IL 55%) E TECNOLOGIA NEI PIANI DEI GIOVANI. GLI IMPRENDITORI (64%) NON TROVANO COMPETENZE ADEGUATE. INDAGINE DI FÒREMA SU 1.000 GIOVANI E 500 AZIENDE A NORD EST
L’indagine della società di formazione di Confindustria Veneto Est “Giovani, Tecnologia e Mismatch nel Nord Est 2025”, condotta su un campione tra Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, rileva una “distanza” tra ciò che cercano studenti e neoassunti e ciò che le aziende offrono. I primi chiedono flessibilità, formazione e tecnologia; le seconde rispondono con stabilità e salari ma faticano ad aggiornarsi. Carron, «un nuovo patto generazionale per il futuro competitivo del territorio»
(Padova-Treviso-Venezia-Rovigo – 05.11.2025) – C’è un divario che continua ad allargarsi a Nord Est tra le aspettative dei giovani sul lavoro e le strategie delle imprese, aprendo sfide ma anche opportunità. Lo rileva l’indagine di Fòrema, società di formazione di Confindustria Veneto Est, intitolata “Giovani, Tecnologia e Mismatch nel Nord Est 2025”, condotta su un campione di 1.015 giovani tra 18 e 34 anni e 486 aziende di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Da un lato, i ragazzi chiedono flessibilità, ambienti tecnologici e opportunità di crescita; dall’altro, le imprese faticano ad adattarsi a queste priorità, ancorate a modelli organizzativi e contrattuali più tradizionali.
Alla domanda su quali fattori siano più importanti nella scelta di un lavoro, i giovani indicano al primo posto l’equilibrio vita-lavoro e la flessibilità (oraria e organizzativa), per il 55% del campione (possibili risposte multiple), segue, quasi con la stessa rilevanza, la retribuzione (53%), quindi la possibilità di crescita professionale, formazione (49%). Quasi un giovane su due (44%) considera fondamentale poter utilizzare tecnologie avanzate sul posto di lavoro (IA, automazione, analisi dati). Seguono la stabilità contrattuale (38%) e il benessere organizzativo (35%). Più indietro, l’impegno dell’azienda in ambito sociale e ambientale (25%). In sintesi, per i giovani del Nord Est il lavoro ideale è flessibile, ben remunerato, ricco di opportunità formative, tecnologicamente innovativo e possibilmente stabile; la mission etica dell’azienda, pur apprezzata, ha minore incidenza.
Lavoro agile e flessibilità sono per i giovani la “nuova normalità”. Circa l’80% degli intervistati auspica formule di impiego ibride o da remoto e, tra questi, molti sarebbero disponibili anche a sacrificare parte dello stipendio pur di ottenere maggiore flessibilità. Alla domanda ipotetica su un eventuale taglio di stipendio in cambio di più giorni di remote working, ben l’88% si dichiara disposto ad accettare una riduzione (tra il 5 e il 10% tra i neoassunti), pur di avere maggiore libertà di lavorare da casa o di ottenere un lavoro pienamente flessibile.
Quando si immaginano il datore di lavoro ideale, i giovani del Nord Est mostrano preferenze ben definite. Solo il 6% vorrebbe lavorare nella Pubblica Amministrazione o in enti pubblici. Molto più alto, invece, l’interesse verso il privato: il 38% indica come meta ideale una PMI ad alto tasso tecnologico, ovvero una piccola-media impresa innovativa (meglio se del territorio). Un altro 30% sogna la grande impresa strutturata, capace di offrire solidità e carriera, e il 16% la propria startup. Infine, il 10% si vede nelle multiutility. Dati che evidenziano la forte attrazione esercitata da realtà dove poter crescere e sperimentare nuove tecnologie, PMI innovative locali o grandi aziende avanzate, mentre pubblico e aziende tradizionali sono percepiti come meno dinamici e stimolanti.
Da lato delle aziende, quasi due terzi del campione (64%) dichiara notevoli difficoltà nel reperire giovani con competenze adeguate, in particolare nei profili tecnico-produttivi e digitali. Mancano specialisti della produzione (per il 49%), tecnici di manutenzione (42%), controllo qualità (37%), data analyst (31%). Paradossalmente, le aziende faticano a trovare proprio quei giovani talenti che potrebbero aiutarle a innovare modelli di business e processi. Competenze oggi cruciali come analisi dati, programmazione macchine (PLC, robotica), metrologia o cybersecurity sono presenti solo in parte nei candidati. In diversi ambiti, metà delle imprese valuta “alta” la difficoltà nel trovare giovani con le capacità richieste, oltre un terzo con skill come IA, linguaggi di scripting o database. Il messaggio è chiaro: tecnologie e skill in azienda corrono più veloci della preparazione con cui i neo-laureati e i neo-diplomati escono dai percorsi formativi tradizionali, creando un mismatch evidente, a cui molte imprese tentano di sopperire con la formazione interna.
L’incrocio tra domanda e offerta evidenzia una “distanza”. Di fronte alla difficoltà nel trovare giovani qualificati, le aziende si concentrano su leve più tradizionali per attrarli: retribuzioni d’ingresso competitive (62%) e stabilità, ovvero offerta di contratti a tempo indeterminato (55%) rimangono le leve principali, seguite da formazione interna (48%) e percorsi di crescita chiari (42%). Soltanto una su cinque (19%), ma in progressiva crescita, ha scelto di introdurre maggiore flessibilità (oraria o remote working) per rendersi più appetibile ai giovani, mentre la metà (54%) mantiene politiche di lavoro esclusivamente in presenza. Allo stesso modo, solo un’azienda su tre valorizza attivamente la propria dimensione tecnologica e innovativa come fattore di attrazione nelle offerte di lavoro. Ne deriva un paradosso: mentre i giovani sognano PMI innovative e strumenti digitali, molti (19%) rifiutano offerte percepite come “poco tecnologiche” o “non innovative”. In pratica, le imprese che non comunicano innovazione e apertura rischiano di non essere scelte dai candidati più ambiti, alimentando ulteriormente la “distanza”.
Dall’indagine emerge dunque una duplice sfida. Da un lato le imprese devono accelerare su innovazione tecnologica e organizzativa – adottando modelli più flessibili e piani di crescita, investendo in digitalizzazione diffusa e cultura manageriale – per parlare la stessa lingua dei nativi digitali che vogliono attrarre. Dall’altro, i giovani devono poter contare su una formazione più al passo con i tempi, che includa competenze tecniche oggi imprescindibili, così da presentarsi più preparati all’ingresso nel mondo del lavoro. Colmare il mismatch non è quindi solo una questione di competenze, ma di visione condivisa tra giovani e imprese e tra generazioni.
LE DICHIARAZIONI
«Questa ricerca fotografa con grande chiarezza una tensione, e attenzione, che tutti, come sistema produttivo, dobbiamo affrontare con responsabilità: la distanza tra le aspettative dei giovani e i modelli organizzativi delle nostre imprese», commenta Paola Carron, Presidente di Confindustria Veneto Est. «Non è un problema di impegno o attitudine al lavoro, ma di linguaggi diversi. I ragazzi cercano ambienti tecnologici, percorsi di crescita e flessibilità: non possiamo più considerarli estemporaneità, ma bisogni reali e fattori strategici per attrarre talento e innovazione. Le aziende del Nord Est hanno sempre dimostrato di sapersi reinventare, e oggi serve farlo di nuovo, puntando sempre più su cultura digitale, formazione e benessere organizzativo. Come Confindustria Veneto Est crediamo che il futuro competitivo del nostro territorio passi da un patto generazionale nuovo, in cui la produttività si misura anche nella capacità di valorizzare le persone. È il momento di ascoltare di più i giovani: non per inseguirli, ma per costruire insieme un lavoro che abbia senso e valore per tutti».
«I dati dimostrano che i giovani hanno requisiti e aspettative diverse nella scelta del luogo di lavoro», dichiara Luigi Gorza, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Veneto Est. «Le nostre aziende, così come si sono adattate ai cambiamenti dei propri clienti, dovranno farlo anche per attrarre e trattenere i nuovi talenti. Tuttavia, credo che non siamo così indietro in questo processo di cambiamento culturale: esistono già molte realtà che rispondono pienamente alle esigenze delle nuove generazioni. Il vero nodo, a mio avviso, è la comunicazione. Per anni ci siamo concentrati sulle politiche interne o su come posizionare i nostri prodotti in mercati complessi, trascurando un aspetto fondamentale: comunicare il valore delle nostre aziende al territorio. È su questo punto che dobbiamo migliorare. Se impariamo a raccontare in modo efficace chi siamo e cosa offriamo, diventiamo non solo più competitivi, ma anche più attrattivi per i giovani talenti».
«Il dato che emerge con più forza è la distanza culturale tra generazioni – commenta Matteo Sinigaglia, Direttore Generale di Fòrema -. Le imprese stanno compiendo passi importanti per innovare e rendersi attrattive, ma anche i giovani e tutto il sistema formativo devono fare la loro parte, investendo con convinzione nelle competenze tecniche e digitali richieste oggi dal mercato. Non si tratta solo di chiedere flessibilità o smart working, ma di dimostrare preparazione, voglia di crescere e spirito di adattamento. Ridurre il mismatch significa costruire un nuovo patto tra chi produce e chi si prepara a farlo: solo un impegno concreto e reciproco permetterà al Nord Est di restare competitivo e trattenere i propri talenti migliori».
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO – L’INDAGINE
L’indagine “Giovani, Tecnologia e Mismatch nel Nord Est 2025” condotta da Fòrema ha coinvolto 1.015 giovani di età compresa tra 18 e 34 anni nelle tre regioni del Nord Est (Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige) e ha chiesto pareri anche a 486 aziende della stessa area. Il campione dei giovani è equamente suddiviso tra uomini e donne (51% vs 47%, con un 2% che non dichiara il genere) e rappresenta diverse condizioni occupazionali: studenti (38%), lavoratori già occupati (39%), tirocinanti/apprendisti (9%) e disoccupati in cerca di lavoro (14%). La maggior parte possiede un buon livello di istruzione: circa il 51% ha una laurea (triennale o magistrale) o un diploma tecnico superiore (ITS), mentre il restante 49% è diplomato (scuola superiore tecnico-professionale) o ha altri titoli. Importante anche la varietà disciplinare: il campione è per metà composto da giovani con background STEM (51% da ambiti scientifico-tecnologici) e per metà da profili umanistico-sociali, a indicare un equilibrio tra competenze tecniche e non tecniche. La ricerca ha coinvolto anche 486 aziende del Nord-Est, principalmente PMI: circa il 70% rientra nella categoria 10–249 dipendenti, un ulteriore 15% sono imprese medio-grandi (250–999) e solo il 5% grandi aziende oltre i 1000 addetti. I settori più rappresentati sono la meccanica/automotive (40% del campione), l’elettronica-elettrotecnica, la logistica/intralogistica e l’ICT/software (ognuno intorno al 15%). È dunque un tessuto produttivo focalizzato sul manifatturiero e sui servizi B2B tecnologici.
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